Io sono cresciuta con i cartoni giapponesi, faccio parte di quella generazione di pionieri che hanno visto arrivare Heidi, Goldrake e Candy Candy come una ventata di novità in un panorama televisivo dove i cartoon erano stati da sempre pensati solo per il pubblico dei più piccoli.
Per me è stato un vero colpo di fulmine. Nonostante tutte le critiche, a volte giustificate, sui limiti dell'animazione nipponica, quello che più di tutto mi ha catturata è stato il disegno. La raffinatezza dei lineamenti, gli occhi pieni di stelle, la malinconia e la bellezza espresse da sguardi, pose, gesti e silenzi... tutte cose che sembravano appartenere più al cinema che al mondo dell'animazione. C'era qualcosa di irresistibile nei semplici disegni di Osamu Tezuka, da Kimba e Leo il leone bianco, alla Principessa Zaffiro; c'era una bellezza struggente nei disegni del mangaka più nipponico di tutti, quel Matsumoto Reiji che ci ha regalato Capitan Harlock e, successivamente, il Galaxy Express e La regina dei mille anni.
Candy Candy, poi, ha dato inizio alla soap opera animata e per questo è entrata nella storia. Non mi era mai accaduto di innamorarmi di un cartoon di Disney, ma di Terence Granchester era impossibile non innamorarsi... Poi è arrivata Lady Oscar, la rosa di Versailles, assoluto capolavoro di regia e disegno, con una sceneggiatura stupenda e inquadrature da togliere il fiato.
Io poi, ho una mia teoria anche sull'apparente rigidità dell'animazione giapponese, una teoria che è nata osservando i movimenti e la gestualità degli attori nipponici. I movimenti a scatti e le pose fisse non sono tipiche solo dei cartoni, ma anche degli attori in carne ed ossa. Fanno parte della gestualità e dell'estetica giapponese e devono essere così. Forse questo semplifica anche il lavoro di chi produce anime, ma credo che l'esigenza di movimenti fluidi sia per i giapponesi molto meno sentita che nella cultura occidentale.
Riassumendo quindi, in cosa consiste il fascino degli anime?
Primo: il disegno.
Secondo: le trame adulte, spesso tragiche, drammatiche.
Terzo: l'aver creato una realtà parallela, che non appartiene nè al mondo degli altri cartoon, nè a quello dei telefilm.
E' il mondo dei manga e degli anime, un mistero dagli occhi pieni di stelle.